IL GIUDICE DI PACE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa di primo grado
  iscritta  al  n. 1239/1997  R.G.  promossa  da  D'Aparo  Salvatore,
  rappresentato  e  difeso dall'avvocato Patrizia Finis e dalla dott.
  Alice  Smareglia  per  mandato  in  calce  al  ricorso  per decreto
  ingiuntivo  e  successivo  decreto n. 629/1997 e pedissequo atto di
  precetto  ed  elettivamente  domiciliato  presso  il loro studio in
  Livorno,  via  P. Cossa n. 15, contro il condominio di via Ademollo
  nn. 4-6-8,  in  persona  dell'amministratore  pro-tempore dott. Ugo
  Parollo,  rappresentato  e  difeso  dall'avvocato  Nino  Amadei per
  mandato   in   calce   all'atto  di  citazione  in  opposizione  ed
  elettivamente  domiciliato  presso il suo studio in Livorno, in via
  dei Lanzi n. 33.
    Visto l'atto di citazione e le difese delle parti costituite;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

                                Fatto

    Il  dott. Ugo Parollo, non in proprio ma quale amministratore del
  condominio  di  via Ademollo nn. 4-6-8, nel quale si trovano alcuni
  appartamenti  di  mano  pubblica,  ha chiesto al giudice di pace di
  Livorno  l'emissione  di  ingiunzione di pagamento nei confronti di
  D'Aparo  Salvatore,  assegnatario  in  locazione di un appartamento
  dell'Ater ( gia' I.A.C.P.) di Livorno, per la somma di L. 467.817 a
  saldo  di  un  asserito  debito  da  questa contratto nei confronti
  dell'amministrazione condominiale, cosi' come documentato con copia
  dell'estratto  conto, copia dei verbali dell'assemblea condominiale
  25  settembre  1996 e del 20 marzo 1997, copia del rendiconto al 31
  dicembre  1996,  con  riparto e copia del preventivo al 31 dicembre
  1997 con riparto.
    Il coordinatore del giudice di pace di Livorno ha emesso a carico
  di D'Aparo Salvatore ed a favore dell'amministratore del condominio
  di  via  Ademollo  nn. 4-6-8  il  d.i.  n. 629/1997  condannando il
  D'Aparo  Salvatore  a corrispondere all'amministratore condominiale
  la  somma  di  L. 467.817 per sorte capitale e L. 233.700 per spese
  legali.
    Il D'Aparo Salvatore con atto di citazione del 7-9 luglio 1997 ha
  proposto  opposizione  avverso l'ingiunzione di pagamento asserendo
  che  gli  importi  richiesti  non  erano dovuti in quanto una parte
  delle  somme  richieste  competevano  al  locatore  in quanto spese
  generali a favore della proprieta' ed altra parte perche' afferenti
  alla straordinaria manutenzione.
    L'amministrazione  condominiale opposta si costituiva in giudizio
  per  contestare le affermazioni della opponente facendo rilevare la
  legittimita'   del   proprio   operato   e   la  sussistenza  della
  legittimazione  ad  agire direttamente contro la opponente in forza
  del  dettato dell'art. 35 della legge regionale Toscana n. 25/1989.
  Nel merito respingeva ogni addebito in ordine alla legittimita' dei
  pagamenti  richiesti,  atteso che il rimborso delle spese richieste
  erano  in  linea con le indicazioni provenienti dalla circolare del
  ministero dei lavori pubblici n. 21 del lo marzo 1983.
    Dopo  istruttoria  la causa veniva trattenuta dal giudice di pace
  in decisione.
    Il  giudice  remittente,  rilevato  che  il decreto ingiuntivo e'
  stato  chiesto  dall'amministratore del condominio direttamente nei
  confronti   dell'assegnatario   in   locazione  semplice  in  forza
  dell'art. 35 della legge regionale della Toscana n. 25/1989 ritiene
  di    dover   sollevare   d'ufficio   questione   di   legittimita'
  costituzionale di detta norma. Rileva ancora che la regione Toscana
  in  epoca  successiva  al  1989  ha  emanato  una  nuova disciplina
  normativa  in  materia  di assegnazione di alloggi e determinazione
  del  canone  nell'edilizia  residenziale  pubblica. La questione di
  legittimita',  pero',  non  e'  venuta meno per effetto della nuova
  disciplina  normativa, atteso che il testo dell'art. 32 (alloggi in
  amministrazione  condominiale),  terzo comma, della legge regionale
  Toscana   n. 96/1996,   riproduce   inalterato   lo   stesso  testo
  dell'art. 35,  terzo  comma, legge regionale toscana n. 25/1989. Le
  norme  richiamate  sul  punto  testualmente  cosi' dispongono: "gli
  assegnatari  in  locazione  semplice  degli  alloggi compresi negli
  stabili  a  regime  condominiale hanno il diritto di voto, in luogo
  dell'ente  gestore,  per  le  delibere  relative alle spese ed alle
  modalita'  di  gestione  dei  servizi  a  rimborso  ivi compreso il
  riscaldamento.  Le  spese  relative  a  tali  servizi  sono versate
  direttamente  all'amministratore  del  condominio,  cui  compete di
  agire  in  giudizio per il recupero nei confronti degli assegnatari
  inadempienti o morosi".

                               Diritto

    Sembra  al  giudice  remittente  che  le  norme regionali, teste'
  richiamate,  nel  conferire  agli  amministratori  degli alloggi di
  edilizia  residenziale  pubblica a regime condominiale il potere di
  agire  direttamente in giudizio contro l'assegnatario in locazione,
  resosi   inadempiente   o   moroso  nei  confronti  della  gestione
  condominiale,  (norme  applicabili  a  questo  giudizio  - anche se
  indirettamente  contestate  dalla  difesa  della  parte convenuta -
  formalmente  opponente  a decreto ingiuntivo), pongano in rilievo e
  siano   strettamente   connesse  ad  un  problema  di  legittimita'
  costituzionale dell'esercizio del potere legislativo da parte della
  regione  Toscana  nel  settore  che  qui interessa. La questione e'
  rilevante  in  quanto  a  seconda della soluzione che viene data al
  problema  della  legittimita' costituzionale della normativa teste'
  indicata  l'azione esercitata dall'amministratore del condominio al
  fine  di  recuperare  somme  dovute  da  parte  di  assegnatari  in
  locazione,   resisi  inadempienti  o  morosi  nei  confronti  della
  gestione condominiale, troverebbe diversa accoglienza anche dinanzi
  a questo giudice remittente. Ove, infatti, la regione Toscana abbia
  esercitato  legittimamente il suo potere legislativo questo giudice
  dovra' tenere conto di quel dato normativo; ove, al contrario, tale
  potere  fosse  stato  esercitato  dalla  regione  oltre  i  confini
  tracciati  dalla  normativa  costituzionale, l'attuale controversia
  civilistica  dovrebbe  essere  decisa  dal giudice remittente sulla
  base  della normativa statale e, comunque, senza tenere conto della
  diversa disciplina normativa regionale.
    Il  problema  che  si  agita,  quindi, concerne l'attribuibilita'
  costituzionale  o  meno  alla  regione  a  statuto  ordinario della
  materia   dell'edilizia   residenziale   pubblica   e,   nel   caso
  dell'attribuibilita'  l'individuazione  dell'esistenza  o  meno  di
  limiti  all'esercizio  della potesta' legislativa nonche' la natura
  di tali limiti.
    Questa Corte in pronunce meno recenti ha affermato che la materia
  dell'edilizia  residenziale  pubblica  e'  materia  composita nella
  quale  sono  individuabili  almeno tre filoni: a) il filone volto a
  disciplinare   all'interno   della  pianificazione  territoriale  i
  terreni  da  destinare  alla  costruzione  di  edifici  di edilizia
  residenziale   pubblica;   b)   il   filone  volto  a  disciplinare
  l'assegnazione  dei  lavori  di costruzione di detti alloggi; c) il
  filone   volto   alla   disciplina   della   assegnazione  e  della
  determinazione dei canoni di detti alloggi (Corte costituzionale 17
  maggio  1975  n. 221;  Corte costituzionale 22 giugno 1976 n. 140).
  Ora  mentre  le  componenti sub a) e sub b) sono da farsi rientrare
  rispettivamente  nell'ambito  della materia urbanistica e in quello
  della  materia dei lavori pubblici regionali e, quindi, sicuramente
  attribuite  alla  regione ai sensi dell'art. 117 della Costituzione
  non  altrettanto  e'  possibile  affermare  per la terza componente
  (quella   individuata   sub   c)   assegnazione   degli  alloggi  e
  determinazione del canone).
    Benche' a partire dalla legge 22 luglio 1975 n. 382 ed attraverso
  i  successivi interventi legislativi statali (d.P.R. 24 luglio 1977
  n. 616; legge 8 agosto 1977 n. 513; legge 5 agosto 1978 n. 457; gli
  ampi poteri di indirizzo riconosciuti al comitato interministeriale
  per  la  programmazione  economica  scaturenti  dalla  legge ultima
  citata)  la  nozione di edilizia residenziale pubblica ha subito un
  notevole   ampliamento,   cosi'  come  ha  avuto  un  accrescimento
  l'intervento   legislativo  e  amministrativo  della  regione  come
  riconosciuto   dai  numerosi  interventi  di  questa  Corte  (Corte
  costituzionale n. 217/1988; Corte costituzionale n. 727/1988; Corte
  costituzionale   n. 1134/1988;  Corte  costituzionale  n. 594/1990;
  Corte costituzionale n. 393/1992; Corte costituzionale n. 486/1992;
  Corte   costituzionale   n. 347/1993)   cio'   nondimeno  e'  stata
  riconfermata  sempre  da  questa  Corte  "l'assenza  di  fondamento
  costituzionale  delle competenze regionali" per quanto attiene alla
  terza  componente  della materia edilizia residenziale pubblica; il
  filone   attinente  la  disciplina  della  selezione  degli  utenti
  beneficiari   del   servizio   casa  nonche'  la  disciplina  della
  determinazione dei canoni non rientrano, infatti, ne' nella materia
  urbanistica ne' in quella dei lavori pubblici (Corte costituzionale
  n. 27/1996).
    L'evoluzione   legislativa   statale   ha  sempre  confermato  il
  principio  della spettanza statale del potere di determinazione dei
  criteri   sulle  assegnazioni  degli  alloggi  in  questione  e  la
  determinazione  dei  criteri  della  misura  dei  canoni e, quindi,
  "l'inesistenza di competenze regionali costituzionalmente garantite
  in ordine a detti poteri" (Corte costituzionale n. 1134/1988; Corte
  costituzionale   n. 1115/1988;  Corte  costituzionale  n. 727/1988;
  Corte costituzionale n. 594/1990; Corte costituzionale n. 27/1996).
    Alla   luce  del  quadro  normativo  e  giurisprudenziale  appena
  delineato sembra a questo giudice remittente che la regione Toscana
  nel  conferire  all'amministratore di condominio di edifici gia' di
  proprieta'  pubblica  (ma  successivamente  alienati perche' dati a
  riscatto   o,   comunque,   locati  con  patto  di  futura  vendita
  all'interno   dei   quali   l'ente   pubblico  conserva  un  numero
  minoritario  di  alloggi assegnati in locazione semplice) il potere
  di  "agire  anche  in  giudizio" nei confronti degli assegnatari in
  locazione   di  alloggi  compresi  negli  edifici  c.d.  "a  regime
  condominiale"  non  solo  non  si  e'  attenuta  ai  criteri  delle
  direttive del C.I.P.E. 19 novembre 1981 e 13 marzo 1995, cosi' come
  dettati  in forza del potere scaturente dall'art. 2, secondo comma,
  n. 2,  legge 5 agosto 1978, n. 457, ma ha invaso - sempre ad avviso
  di questo remittente - il campo di materie che alla stessa non sono
  riconosciute come attribuite dall'art. 117 Carta costituzionale.
    Le   direttive   del   C.I.P.E.  sopra  ricordate,  infatti,  non
  riconoscono   agli   amministratori   degli   edifici   "a   regime
  condominiale"  alcun  potere  di azione diretta nei confronti degli
  assegnatari  in  locazione  che si siano resi inadempienti o morosi
  nel  pagamento  degli oneri accessori ma si limita a riconoscere il
  diritto   di   voto  nelle  assemblee  condominiali  in  luogo  del
  proprietario   ove   all'ordine  del  giorno  dell'assemblea  siano
  previsti  interventi in materia di spese afferenti al riscaldamento
  e/o altri servizi condominiali. Le direttive del C.I.P.E. sul punto
  nel  loro contenuto ricalcano in parte qua l'art. 10 della legge 27
  luglio  1978,  n. 392, (c.d. legge sull'equo canone). Ma il diritto
  di  voto  nell'assemblea condominiale, riconosciuto da quella norma
  al  conduttore in luogo del proprietario per il ristretto numero di
  materie ivi indicate, non si e' tramutato, nell'interpretazione che
  ne  ha dato la giurisprudenza civilistica, nell'assoggettamento del
  conduttore    all'azione    diretta    in    giudizio    da   parte
  dell'amministratore del condominio: ove il conduttore dell'alloggio
  si  renda  moroso  nel pagamento degli oneri condominiali accessori
  questi  continuera'  a risponderne direttamente al proprio locatore
  (proprietario   o  usufruttuario  o  altro);  l'amministratore  del
  condominio,  invece,  ha  diritto  di  agire solo nei confronti del
  proprietario   o   dell'usufruttuario   dell'appartamento   il  cui
  conduttore si e' reso moroso nel pagamento degli oneri accessori.
    Le norme regionali denunciate con l'attribuire all'amministratore
  del  condominio  azione  diretta nei confronti dell'assegnatario in
  locazione semplice viene a modificare sia l'assetto processuale sia
  l'assetto  civilistico  sostanziale  quale  ricavabile  dal  nostro
  ordinamento  civile  e  processuale  civile.  La disciplina dettata
  dalla  regione  verrebbe,  quindi, a modificare, a parere di questo
  giudice remittente, sia le regole del processo civile sia le regole
  delle  leggi  civili  in  materia di locazione. Ma alla regione non
  dovrebbe  essere  riconosciuta  dalla  Carta  costituzionale alcuna
  possibilita'  di  incidere ne' sulle regole del processo, come piu'
  volte  statuito da questa Corte (Corte costituzionale 23 marzo 1999
  n. 86;   Corte   costituzionale   23   aprile  1988  n. 133;  Corte
  costituzionale  8  novembre  1996  n. 390;  Corte costituzionale 26
  ottobre 1995 n. 459), ne' nei rapporti tra privati. L'ente pubblico
  -  proprietario  di  alloggio,  sia  pure  di edilizia residenziale
  pubblica,  inserito  in  un condominio - avrebbe la stessa identica
  posizione  paritaria  nell'assemblea  condominiale  e  nell'assetto
  proprietario  di  quella  di  un qualsiasi altro oggetto di diritto
  privato:  posizione  paritaria,  quindi,  e  non  di supremazia. La
  disciplina  della  materia del diritto processuale civile (art. 108
  Cost.),    e    del    diritto    civile    sostanziale   rimangono
  nell'attribuzione   dei  poteri  dello  Stato  e  non  puo'  essere
  modificata da asserite esigenze di ordine pubblicistico.